L’assegno di divorzio

L’assegno di divorzio

La Cassazione cambia rotta: per l’assegno di divorzio non conta più il tenore di vita nel corso del matrimonio

La Cassazione, con la sentenza numero 11504/17 pubblicata il 10 maggio, stabilisce nuovi parametri di riferimento per il riconoscimento dell’assegno di divorzio.

Nello specifico, la prima sezione civile ha superato il precedente consolidato orientamento, che collegava la misura dell’assegno di mantenimento al parametro del “tenore di vita matrimoniale”, indicando come parametro di spettanza dell’assegno, avente natura “assistenziale”, l’”indipendenza o autosufficienza economica” dell’ex coniuge che lo richiede.

Il nuovo orientamento potrà essere fatto valere sia per i futuri divorzi, sia per ottenere, con una pronuncia del Tribunale, la riduzione (o la revoca) dell’assegno stabilito nei divorzi già definiti.

La Corte ha ribadito che il presupposto rimane la mancanza di «mezzi adeguati» dell’ex coniuge richiedente l’assegno o, comunque, dell’impossibilità dello stesso «di procurarseli per ragioni oggettive».

Ha altresì sottolineato che la complessiva ratio dell’art. 5, comma 6, della legge n. 898 del 1970 (diritto condizionato all’assegno di divorzio e – riconosciuto tale diritto -determinazione e prestazione dell’assegno) ha fondamento costituzionale nel dovere inderogabile di «solidarietà economica» (art. 2, in relazione all’art. 23, Cost.), il cui adempimento è richiesto ad entrambi gli ex coniugi, quali “persone singole”, a tutela della “persona” economicamente più debole (cosiddetta “solidarietà post-coniugale”).

Sta precisamente in questo duplice fondamento costituzionale sia la qualificazione della natura dell’assegno di divorzio come esclusivamente “assistenziale” in favore dell’ex coniuge economicamente più debole (art. 2 Cost.) – natura che in questa sede va ribadita – sia la giustificazione della doverosità della sua «prestazione» (art. 23 Cost.).

È noto, sottolinea la Suprema Corte, che, sia prima sia dopo le fondamentali sentenze delle Sezioni Unite nn. 11490 e 11492 del 29 novembre 1990 (cfr. ex plurimis, rispettivamente, le sentenze nn. 3341 del 1978 e 4955 del 1989, e nn. 11686 del 2013 e 11870 del 2015), il parametro di riferimento – al quale rapportare l’adeguatezza-inadeguatezza” dei «mezzi» del richiedente – è stato costantemente individuato da questa Corte nel «tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio, o che poteva legittimamente e ragionevolmente fondarsi su aspettative maturate nel corso del matrimonio stesso, fissate al momento del divorzio» (così la sentenza delle S.U. n. 11490 del 1990, pag. 24).

Ma la Corte evidenzia anche che a distanza di quasi ventisette anni tale orientamento non è più attuale

A conclusione del ragionamento in diritto, la Corte ha affermato che i principali “indici” per accertare la sussistenza o no dell'”indipendenza economica” dell’ex coniuge richiedente l’assegno di divorzio e, quindi, l'”adeguatezza”, o no, dei «mezzi», nonché la possibilità, o no «per ragioni oggettive», dello stesso di procurarseli possono essere così individuati:

1) il possesso di redditi di qualsiasi specie;

2) il possesso di cespiti patrimoniali mobiliari ed immobiliari, tenuto conto di tutti gli oneri lato sensu “imposti” e del costo della vita nel luogo di residenza («dimora abituale») della persona che richiede l’assegno;

3) le capacità e le possibilità effettive di lavoro personale, in relazione alla salute, all’età, al sesso ed al mercato del lavoro dipendente o autonomo;

4) la stabile disponibilità di una casa di abitazione.