22 Apr Sentenza n. 233 depositata il 30.6.2017
Illegittimo il diniego del Prefetto alla domanda di cambiamento di cognome
Giovedì 20 Luglio 2017
Il TAR FVG, con la sentenza n. 233 depositata il 30.6.2017 ha dichiarato l’illegittimità del provvedimento col quale il Prefetto di Udine ha rigettato la domanda di cambiamento del cognome di una bimba presentata dai genitori.
La sentenza in commento, oggetto di interesse anche per la cronaca locale, presenta profili di rilevanza giuridica e pratica.
Le disposizioni in materia di cambiamento e modifica del cognome, in effetti, non sono molto “ricche” da un punto di vista sostanziale, dato che non definiscono chiaramente i presupposti che legittimano la relativa richieste. Certo ed indiscutibile è che il singolo individuo non vanta un diritto soggettivo al cambiamento dei suoi dati anagrafici, ma semmai un interesse legittimo, essendo la sua volontà sempre soggetta al vaglio della Pubblica Amministrazione (nello specifico del Prefetto della Provincia del luogo di residenza o di quello nella cui circoscrizione è situato l’ufficio dello stato civile dove si trova l’atto di nascita al quale la richiesta si riferisce).
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Friuli Venezia Giulia, chiamato lo scorso giugno a pronunciarsi sulla vicenda di due genitori quantomai determinati a modificare il cognome paterno della loro neonata figlia con quello materno, ha dunque posto luce e chiarezza su questa delicata e poco affrontata questione . Due genitori – temendo il riperpetuarsi, ora a danno della figlia, di quegli stessi atti di bullismo patiti dal padre in ragione del carattere ridicolo del cognome – hanno dovuto percorrere una strada più complessa, che si è rivelata tutta “in salita”, e ora finalmente conclusa dalla sentenza del TAR.
Il diritto al nome (e, dunque, al cognome) è un diritto fondamentale ed assoluto della persona. Esso si colloca nell’ambito della più ampia tutela ad essere riconosciuti secondo le proprie caratteristiche individuali, espressione della propria personalità. Tale irrinunciabile e primario diritto è tutelato dalla nostra Carta Costituzionale (artt. 2 e 22), ma anche dall’art. 8 della Convenzione Europea per i Diritti dell’Uomo e dall’art. 7 della Carta dei diritti fondamentali UE, ove nella nozione di “vita privata” rientrano anche i diritti della personalità. Evidente è come il diritto del singolo alla propria, unica e personale identità debba fronteggiarsi con l’esigenza pubblicistica alla stabilità e alla certezza degli elementi identificativi della persona e del suo status giuridico e sociale e, dunque, alla certezza degli atti e dei rapporti giuridici.L’art. 6, comma 3, c.c. dispone infatti che “non sono ammessi cambiamenti, aggiunte o rettifiche al nome, se non nei casi e con le formalità di legge indicati”.Ebbene, la pronuncia del nostro Tribunale Amministrativo Regionale illumina di chiarezza quest’ultima locuzione: “se non nei casi (e con le formalità) di legge indicati”, indagandone e precisandone l’effettiva portata. La disciplina normativa, come anticipato, è quantitativamente scarsa e perlopiù relativa agli aspetti procedurali. Rilevano, nello specifico:• il R.d. 1238/1939 (Ordinamento di stato civile): artt. 153 e ss., ossia il titolo “Dei cambiamenti e delle aggiunte di nomi e cognomi”;• il D.P.R. 396/2000 (Regolamento per la revisione e la semplificazione dell’Ordinamento di stato civile, così come modificato dal D.p.r. 54/2012): artt. 89 e ss., ossia il titolo “Dei cambiamenti e delle modificazioni del nome e del cognome”.In particolare, centrale e di riferimento è l’art. 89 D.P.R. n. 396/2000, il quale dispone: “(omissis) chiunque vuole cambiare il nome o aggiungere al proprio un altro nome ovvero vuole cambiare il cognome, anche perché ridicolo o vergognoso o perché rivela l’origine naturale o aggiungere al proprio un altro cognome, deve farne domanda al prefetto della provincia del luogo di residenza o di quello nella cui circoscrizione è situato l’ufficio dello stato civile dove si trova l’atto di nascita al quale la richiesta si riferisce. Nella domanda l’istante deve esporre le ragioni a fondamento della richiesta.Nella domanda si deve indicare la modificazione che si vuole apportare al nome o al cognome oppure il nome o il cognome che si intende assumere.In nessun caso può essere richiesta l’attribuzione di cognomi di importanza storica o comunque tali da indurre in errore circa l’appartenenza del richiedente a famiglie illustri o particolarmente note nel luogo in cui si trova l’atto di nascita del richiedente o nel luogo di sua residenza”.In caso di domanda relativa a minori d’età, come nel caso di specie, l’istanza deve essere presentata da entrambi i genitori esercitando essi la potestà genitoriale e riguardando, la loro rappresentanza, anche i diritti personali dei figli. I genitori, pertanto, sono legittimati a chiedere per i figli l’aggiunta di un cognome o la sua modifica, nonché ad impugnare innanzi il Giudice amministrativo il rifiuto eventualmente opposto dall’Amministrazione. Nell’emissione del provvedimento finale l’Amministrazione è comunque obbligata a tener “dell’interesse preminente del minore a favore del quale è stata proposta l’istanza” . Il Tribunale Amministrativo Regionale, dunque, ponendosi in linea con altre recenti pronunce (TAR Puglia, sez. I, sent. 22/06/2017 n. 1046; TAR Sardegna, sez. I, sent. 20/05/2016 n. 445; TAR Lombardia, sez. I, sent. 10/01/2011 n. 7; TAR Toscana, sez. II, 14/02/2017 n. 252), ha tracciato un chiaro confine all’esercizio della potestà amministrativa prefettizia: il Prefetto non può scandagliare (come invece era avvenuto nel caso di specie) le personali ragioni dell’istante, i suoi apprezzamenti soggettivi. Questi possono essere i più vari; può trattarsi di intenti di ordine meramente affettivo, morale, familiare, sociale, economico, intenti dunque soggettivi, atipici. L’istanza può fondarsi sulle più svariate ragioni, non avendo queste carattere di tassatività (cfr. ex multis Cons. St., sez. IV, sent. 25/01/1999 n. 63; Cons. St., sez. IV, sent. 26/06/2002 n. 3533; Cons. St., sez. I, sent. 17/03/2004 n. 515; Cons. St., sez. IV, sent. 27/04/2004 n. 2572; Cons. St., sez. III, sent. 15/10/2013 n. 5021). La Pubblica Amministrazione è chiamata unicamente a verificare che il cognome richiesto non rientri tra quelli di cui è fatto espresso divieto dall’art. 89, comma 3, D.P.R. n. 396/2000; che il fatto e i “connessi motivi di rilievo anche morale dell’istanza” siano seri, ponderati e non dunque – per esempio – frutto di mero capriccio o vanità; che non siano state fatte dall’istante “valutazioni manifestamente illogiche e/o contraddittorie”; e ovviamente che “non vi siano controindicazioni relative all’interesse pubblico”. Svolta dunque un’attenta attività ermeneutica, il Collegio ha nella sostanza evidenziato come il nostro quadro ordinamentale consenta ampiamente di derogare alla tendenziale stabilità del cognome, per ragioni che non hanno carattere chiuso e tassativo. Escluso dunque, chiarisce il TAR del Friuli Venezia Giulia, che spetti al Prefetto una potestà discrezionale in senso “classico”, essendo titolare semmai di una discrezionalità limitata, “circoscritta alla individuazione di puntuali ragioni di pubblico interesse che giustifichino il sacrificio dell’interesse privato del soggetto al cambiamento del proprio cognome, ritenuto anch’esso meritevole di tutela dall’ordinamento” (così Cons. St., sez. IV, sent. 26/06/2002 n. 3533; Cons. St., sez. IV, sent. 26/04/2006 n. 2320; Cons. St., sez. III, sent. 15/10/2013 n. 5021) .
Naturalmente il provvedimento finale prefettizio, proprio in quanto atto amministrativo, deve essere sempre congruamente, specificamente e logicamente motivato, dando così conto del processo argomentativo seguito e delle ragioni che hanno indetto l’Amministrazione a determinarsi nel senso in cui si è pronunciata (ex multis cfr. Cons. St., sez. IV, sent. 25/01/1999 n. 63; Cons. St., sez. IV, sent. 26/04/2006 n. 2320; TAR Veneto, sez. I, sent. 21/02/2011, n. 283; TAR Lazio, sez. I, sent. 29/04/2015 n. 6186). L’iter logico-giuridico seguito dall’Amministrazione deve essere interamente ripercorribile, in modo particolare laddove il provvedimento finale sia di rigetto dell’istanza. Caratteri del tutto mancanti nel provvedimento del Prefetto che il Tribunale ha annullato.